QUESITO: Per dimostrare il tradimento di mio marito posso registrare le sue conversazioni telefoniche con l’amante?
Lucia ha scoperto il tradimento di suo marito Gerardo e vorrebbe chiedere la separazione giudiziale dinanzi al Tribunale, con richiesta di addebito nei confronti del medesimo, a causa del tradimento avvenuto.
Nel caso in cui la sentenza di separazione fosse pronunciata con addebito nei confronti di Gerardo, significherebbe il riconoscimento, da parte del Tribunale, che la fine del matrimonio è avvenuta per colpa sua e avrebbe le seguenti conseguenze: 1) la condanna del coniuge “colpevole” alle spese legali del giudizio; 2) la perdita dei diritti successori del coniuge “colpevole” nei confronti dell’altro coniuge; 3) la perdita del diritto all’assegno di mantenimento del coniuge “colpevole”.
Lucia spiega che avrebbe la possibilità di registrare le telefonate fatte dal marito all’amante nell’abitazione coniugale, la quale è di proprietà per metà di Gerardo e per metà di Lucia.
La legge, innanzitutto, stabilisce che è legittimo registrare colloqui “in presenza” o conversazioni telefoniche in cui sia presente anche il registrante. In questo caso, infatti, è considerata una forma di documentazione di quanto è avvenuto in un certo momento storico e non vi è necessità di autorizzazione preventiva del Giudice. Questo tipo di registrazione sarebbe anche utilizzabile in Tribunale: l’articolo 24 comma 1, lettera F) del codice della Privacy, infatti, prevede che il trattamento dei dati personali può prescindere dal consenso dell’interessato se esso avviene per svolgere investigazioni difensive di cui alla Legge 7.12.2000 n. 397 o per difendere un diritto in sede giudiziaria, per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento.
Al contrario, è vietato registrare le conversazioni telefoniche di un soggetto nella sua privata dimora ove il registrante non sia presente, perché ciò configurerebbe il reato di “illecita interferenza nella vita altrui” previsto dall’articolo 615 bis del codice penale: “chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati dall’art. 614 (abitazione altrui o altro luogo di privata dimora), è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”.
Nel caso in esame, Lucia non è ovviamente presente alle conversazioni telefoniche che si svolgono nell’abitazione coniugale tra il marito e l’amante.
Pertanto, anche se la casa è parzialmente di proprietà anche di Lucia, ella non può istallare apparecchi di registrazione delle conversazioni del marito nelle quali ella non è presente, né, tanto più, può utilizzare in giudizio le predette registrazioni perché altrimenti commetterebbe nel reato previsto dall’articolo 615 bis del codice penale. Infatti, secondo la Cassazione penale, sentenza n. 27847/2015, “la disponibilità del luogo anche da parte dell’autore dell’indebita interferenza non incide sulla sussistenza del reato, che mira a tutelare la riservatezza domiciliare della persona offesa”.
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Foto di Andrea Piacquadio da Pexels