QUESITO: Francesco è un imprenditore e svolge il suo lavoro con coscienza e dedizione. La sua piccola azienda è cresciuta nel tempo ed ora ha otto dipendenti. A volte però, Francesco ha difficoltà ad ottenere dai clienti il pagamento delle fatture emesse. Ancora di più in questo periodo, in quanto alcuni clienti si rifiutano di pagare “a causa della pandemia”. Quali sono le giuste strategie per ottenere un corretto pagamento dai clienti nei tempi giusti e quali sono i rimedi giuridici?
Partiamo dall’inizio.
Innanzitutto, in ogni lavoro è importante la trasparenza. Quindi una buona regola è quella di presentare al cliente un preventivo chiaro e dettagliato prima di iniziare il lavoro, spiegando bene qual è il prodotto o il servizio offerto ed i tempi di consegna, se prevedibili.
Qualora questo non sia possibile, perché magari è difficile all’inizio stabilire quale e quanta attività dovrà essere fatta (specie se si tratta di un’azienda che vende servizi) o perché ci sono alcune variabili esterne da tenere in considerazione è, comunque sempre necessario comunicare, con la massima chiarezza, cosa si andrà a fare e, per ogni tappa del lavoro, spiegare i costi e le spese ad ogni passaggio. E’ bene anche, se possibile, chiedere un acconto iniziale.
Una volta eseguito il lavoro con diligenza, se il cliente non paga la fattura ci possono essere varie soluzioni.
Innanzitutto, entro una decina di giorni dalla scadenza della fattura è bene inviare una mail o una lettera di sollecito o fare una telefonata al cliente per capire la situazione ed eventualmente, accordare un piano di rientro a breve termine, se le difficoltà sono reali.
Ove questo non produca alcun risultato, nei successivi quindici giorni, è consigliabile far inviare al cliente, attraverso un avvocato, una lettera di messa in mora, intimando il pagamento entro e non oltre i successivi 15 giorni.
Questa prima fase di sollecito va effettuata subito, senza procrastinare, perché è la fase in cui si ha la maggiore possibilità di incassare il credito. Nel corso della mia attività ho incontrato molti imprenditori i quali, poiché molto impegnati nella loro attività e nel tran tran quotidiano, trascuravano queste prime fasi di contatto con i cliente nel periodo immediatamente successivo alla scadenza delle fatture, con la conseguenza che si ritrovavano, poi, a gestire una notevole mole di insoluti anche otto o nove mesi dopo la scadenza delle fatture stesse, a volte addirittura dopo un anno o due, quando ormai magari i clienti si erano trasferiti altrove o era peggiorata la loro condizione economica oppure, se il cliente era una azienda, magari si trovava in liquidazione o in fallimento; così i tempi inevitabilmente si allungavano, col rischio anche di incorrere una prescrizione del credito vantato.
Alcuni dei clienti di Francesco, poi, si rifiutano di pagare a causa della crisi derivata dalla pandemia.
In questo periodo, alcune aziende o clienti privati hanno sospeso i pagamenti adducendo le presunte difficoltà delle loro aziende nell’incassare -a loro volta- i crediti dai propri clienti o le diminuzioni del reddito a vario titolo causate loro dalla pandemia e dai vari lockdowns susseguitisi nel tempo.
In primo luogo, se è questa l’obiezione del cliente, occorre verificare se nel contratto-preventivo sottoscritto tra le parti sia previsto espressamente il caso dell’emergenza sanitaria o di provvedimenti legislativi sopravvenuti o, comunque in generale, il verificarsi di eventi eccezionali ed imprevedibili (c.d. forza maggiore) quali cause di liberazione dall’obbligo di pagamento.
La forza maggiore è, infatti, un evento imprevedibile, inevitabile (cioè non superabile con l’ordinaria diligenza) e non imputabile al debitore inadempiente.
In mancanza di clausole specifiche che facciano riferimento ad eventi eccezionali ed imprevedibili, si dovrà ricorrere alle norme del codice civile per risolvere la questione.
L’art. 1218 del codice civile (c.c.) afferma che “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.”
L’art. 1256 c.c. stabilisce che “l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.”
Il cliente moroso dovrà provare e, cioè, dimostrare in maniera concreta, attraverso specifici dati documenti, che l’evento che ha reso impossibile la prestazione dovuta non è a lui imputabile per mancanza di diligenza o per sua colpa, e che la prestazione è divenuta per lui oggettivamente impossibile, e non solo difficile. Attenzione, però, perché costante giurisprudenza stabilisce che si deve trattare di un ostacolo tale da impedire la prestazione in maniera assoluta ed oggettiva: le obbligazioni di consegna di cose determinata solo nel genere (denaro o merci) sono ritenute, di regola, insuscettibili di estinzione per sopravvenuta impossibilità della prestazione, salvo in caso in cui il bene specifico o il denaro dovuto divengano non più commerciabili oppure irreperibili in assoluto sul mercato. Inoltre, in materia di obbligazioni pecuniarie (dazione di denaro) la giurisprudenza ritiene che l’impossibilità non possa consistere nella semplice impotenza economica derivante dall’inadempimento di un terzo nell’ambito di un diverso rapporto obbligatorio (quindi, se il cliente del debitore moroso non lo paga, egli deve comunque adempiere alla sua prestazione).
L’art. 1467 c.c., stabilisce, poi, che “nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto con gli effetti stabiliti dall’art. 1458 c.c.”.
In questo caso, tuttavia, il cliente moroso non potrà limitarsi a sospendere la prestazione divenuta (da lui ritenuta) eccessivamente onerosa per tali eventi straordinari o imprevedibili ma dovrà ricorrere al Giudice competente e, in giudizio, chiedere la risoluzione del contratto.
Infatti, secondo costante giurisprudenza, il debitore per liberarsi della sua obbligazione e non incorrere nelle responsabilità per inadempimento di cui all’art. 1218 c.c., dovrà necessariamente agire in giudizio per la risoluzione del contratto.
In generale, uno dei rimedi giuridici più efficaci per ottenere il pagamento dal cliente moroso che, senza giustificazioni, non intende proprio pagare è il decreto ingiuntivo, previsto dall’articolo 633 e seguenti del c.p.c. : esso è un provvedimento con il quale il Giudice, senza contraddittorio tra le parti, su richiesta del creditore munito di documentazione idonea (polizze, promesse unilaterali per scrittura privata, contratti, fatture corredate dagli estratti autentici delle scritture contabili) ingiunge ai singoli clienti insolventi di adempiere all’obbligazione di pagare la prestazione professionale, entro il termine di 40 giorni dalla notifica.
I clienti morosi saranno tenuti a pagare la somma dovuta oltre agli interessi e alle spese legali del procedimento di ingiunzione. Se il cliente non paga o non presenta opposizione nei 40 giorni successivi alla notifica, il decreto ingiuntivo diventa titolo esecutivo ed il creditore potrà procedere ad iscrizione di ipoteca su beni immobili del debitore oppure al pignoramento dei beni del medesimo (beni mobili, immobili o crediti del debitore presso terzi, ad esempio i suoi conti correnti bancari o postali, stipendi, pensioni etc..).
Una volta che gli è stato notificato il decreto ingiuntivo, comunque, il debitore ha la facoltà di opporsi, depositando presso la cancelleria del Giudice competente l’atto di opposizione al decreto ingiuntivo nel quale elencherà tutte le sue difese ed eccezioni: in questo caso, quindi, inizierà il giudizio ordinario per l’accertamento del credito.
E’ importante ricordare che, nel caso in cui vi sia stata l’opposizione in giudizio del debitore, per alcune materie specifiche previste dall’art. 5 del D. Lgs. 28/2010 è obbligatorio sospendere il procedimento dinanzi al Giudice e tentare la mediazione tra le parti dinanzi ad un organismo di mediazione abilitato e iscritto presso il Ministero della Giustizia.
Peraltro, prima di iniziare un qualsiasi giudizio o procedimento di ingiunzione, è comunque sempre possibile, per il creditore, chiamare in mediazione il debitore e tentare una conciliazione.
Un altro istituto utile a risolvere la controversia in sede stragiudiziale è la negoziazione assistita, introdotta dal D.L. 132/2014 convertito con modificazioni dalla L. 162/2014 che, in alcuni casi, (ad esempio per domande di pagamento di somme non eccedenti i cinquantamila euro) è obbligatoria, in quanto condizione di procedibilità dell’eventuale instaurando giudizio civile. Non è condizione di procedibilità, invece, per il deposito di ricorsi per ingiunzione di pagamento e conseguente eventuale opposizione.
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